IL PIANO DI AMMORTAMENTO ALLA FRANCESE NEL CONTRATTO DI MUTUO

IL PIANO DI AMMORTAMENTO ALLA FRANCESE NEL CONTRATTO DI MUTUO

La problematica afferente gli effetti del piano di ammortamento alla francese nel contratto di mutuo è molto sentita su tutto il territorio nazionale.

i vari provvedimenti particolarmente analitici.

A dimostrazione di ciò si sono susseguiti vari provvedimenti particolarmente analitici e ve cito a riguardo solo i più recenti:

Tribunale di Roma, Sent. del 29.5.2019;

Tribunale di Cremona, Sent. n. 227 del 28 marzo 2019, più altre 4 sentenze n. 177 dell’11.3.2019; n. 201 del 18.3.2019; n.287 del 23.4.2019; n. 221 del 27.3.2019

Tribunale di Massa, Sent. n. 797 del 13 novembre 2018;

Tribunale di Lucca Sent. n. 763 del 10 maggio 2018;

Tribunale di Ferrara Sent. n. 287 del 20 aprile 2018;

Tribunale di Napoli Sent. n. 1558 del 13 febbraio 2018;

Tribunale di Palermo, Sez. 5°, Sent. del 30/06/2016

La definizione di piano di ammortamento.

La definizione empirica del concetto di “piano di ammortamento” si ricava da una delle sentenze cd. “quasi gemelle” del Tribunale di Cremona, secondo cui:

“… il piano di ammortamento è una tabella che descrive la dinamica di un’operazione di scambio in base ad un tasso stabilito e alla struttura della rata definendo, ad ogni scadenza, la quota capitale e interessi da imputare sulla singola rata. Infatti, il piano di ammortamento può essere costruito solo dopo aver calcolato il valore della rata per cui l’operazione di rimborso è in equilibrio in relazione al rapporto dare avere tra le parti. Ne consegue, necessariamente, che per definire il piano di ammortamento debba essere stabilito, oltre al tasso di interesse, il regime di interessi da utilizzare per l’imposizione del principio di equità finanziaria da cui scaturisce il valore della rata” (Cfr. Trib. Cremona sent. 28.3.2019 n. 227).

Piano di ammortamento alla francese

Il piano di ammortamento alla francese è il piano di rimborso del mutuo e/o del finanziamento, caratterizzato dall’avere una rata di rimborso costante nel tempo, con la quale viene rimborsato sia il capitale mutuato e sia gli interessi.

La specifica composizione delle due quote che compongono la rata determina una rata costante, ossia di importo sempre uguale per tutta la durata dell’ammortamento e per questo motivo l’ammortamento francese è anche detto “a rata costante“.

La Giurisprudenza, per lungo tempo, ha escluso che il piano di ammortamento alla francese potesse produrre un effetto anatocistico, vietato dall’art. 1283 c.c. e dagli artt. 3 e 6 della Delibera CICR del 9 febbraio 2000, oltre che dall’art. 120 TUB nell’attuale formulazione, oppure che determini una difformità tra il tasso di interesse indicato nel contratto e quello effettivamente applicato, in violazione dell’art. 1284 c.c.

Tali conclusioni non sono condivisibili in quanto non spiegano il fenomeno della lievitazione esponenziale degli interessi connesso al regime di capitalizzazione composto proprio del piano “alla francese”, limitandosi ad una mera descrizione per certi versi errata e, comunque, superficiale e parziale del fenomeno

Oltre che dall’entità della percentuale, i tassi d’interesse sono caratterizzati dal cosiddetto regime di capitalizzazionedegli interessi medesimi, che può essere semplice o composto. 

L’interesse semplice

Partiamo dalla definizione: l’interesse viene detto semplice quando è proporzionale al capitale e al tempo.

Gli interessi, maturati da un dato capitale nel periodo di tempo considerato, non vengono aggiunti al capitale che li ha prodotti (capitalizzazione) e, quindi, non maturano a loro volta interessi, ai sensi dell’art. 821 c.c.

L’interesse composto

L’interesse viene detto composto quando, invece di essere pagato o riscosso, è aggiunto al capitale iniziale che lo ha prodotto.  

Nel piano di ammortamento alla francese gli interessi vengono generalmente conteggiati mediante l’applicazione di un interesse composto.

Ciò significa che tale piano di ammortamento genera di per sé stesso, un fenomeno di capitalizzazione di interessi su interessi.

Si legge nella sentenza del Tribunale di Cremona n. 177/2019 che:

“la metodologia di costruzione del sistema di rimborso a rate costanti secondo il sistema alla francese implica che il tasso di interesse tempo per tempo applicato diverga dal tasso effettivo risultante dal complesso dei flussi finanziari”.

Per questo motivo si ha un impatto a livello di trasparenza dell’operazione bancaria, che si traduce nella necessità “che entrambi i tassi siano adeguatamente esposti in contratto per evitare incertezze nell’esecuzione del contratto medesimo e indeterminatezza nei costi da applicare al finanziamento”.

Il monte interessi

Il monte interessi, corrispondente all’effettivo esborso, è dipendente, oltre che dal TAN, dal regime impiegato; questo peculiare aspetto rimane facilmente sottratto all’attenzione dell’operatore retail che associa al TAN la misura del prezzo” (Cfr. Dr. Roberto Marcelli “L’INTERESSE COMPOSTO E L’ANATOCISMO” in www.ilcaso.it; ). 

 “… per lo più sfugge la dinamica esponenziale del tasso composto: intuitivamente non è così facile, anche per soggetti culturalmente emancipati ma non specializzati nella materia, percepire e acquisire consapevolezza della diversa dimensione del monte interessi che si viene a creare in un finanziamento a tasso composto rispetto ad un finanziamento a tasso semplice. D’altra parte, come accennato, il prezzo del finanziamento, più che dal tasso, è propriamente espresso dall’ammontare degli interessi corrisposti e questi ultimi dipendono anche dal regime finanziario adottato, congiuntamente alla frequenza temporale dei termini di pagamento”. 

Ad un medesimo T.A.N. corrispondono monti interessi di diverso ammontare a seconda del regime finanziario adottato. 

Infatti, è stato evidenziato in dottrina che:

“La criticità insorge se nel contratto di finanziamento con piano di ammortamento alla francese (a rata costante) è riportato il TAN ma non è convenuto né il regime finanziario, né il riferimento del calcolo degli interessi – al capitale in scadenza o al debito residuo – e nell’allegato vengono riportati dei valori numerici che all’operatore retail, privo di un’expertise specifica, nulla dicono di tali scelte, che risultano di fatto diverse da quelle evocate dall’art. 821, 3° comma c.c.. Poiché, nella circostanza, per un medesimo tasso espresso dal TAN, l’ammontare degli interessi varia apprezzabilmente in funzione dei patti che regolano le modalità di produzione e pagamento, il prezzo del finanziamento può risultare, per l’operatore economico, formalmente inespresso e indeterminato. La legge matematica che regola la determinazione dell’oggetto del contratto rimane celata nell’implicito calcolo della rata, ponendo per altro un problema di rispetto dell’art. 1284 c.c. Se il medesimo TAN può dare luogo a due distinte e diverse prestazioni, senza l’esatta identificazione del regime finanziario adottato che consenta di ‘eseguire un calcolo matematico il cui criterio risulti con esattezza dallo stesso contratto’, viene meno il requisito di determinabilità imposto dall’art. 1284 c.c.” (sulla validità della clausola determinativa degli interessi corrispettivi stipulata ex art. 1284 c.c., si veda Cass. n. 25205/2014; conforme Cass. n. 8028/2018). TRIBUNALE DI CREMONA 227/2019.

La violazione degli obblighi di legge e l’indeterminatezza del tasso

L’ART 117 TUB, comma 4, prevede l’espressa indicazione di TUTTE le condizioni applicate.

L’ART 1284 CC prevede che gli interessi ultralegali vadano sempre stabiliti per iscritto.

Poiché abbiamo visto che a parità di TAN diversi regimi generano diversi costi, tale circostanza viola gli obblighi di trasparenza e correttezza nonché l’art 1284 cc.

Gli effetti

Un primo effetto, dunque, legato all’utilizzazione del regime di capitalizzazione composto senza che nulla sia indicato nel contratto, è quello della violazione dell’art. 1284 c.c., che impone l’esatta indicazione del tasso di interesse.

Infatti, nel regime di capitalizzazione composta

“il capitale via via rimborsato è produttivo di un interesse che incorpora anche interessi non ancora esigibili perché non giunti a scadenza (si tratta di interessi che sono in corso di maturazione). Infatti, l’importo della prima quota di interesse, indica come dopo un solo periodo l’istituto riscuota gli interessi anche relativi alle quote di capitale non scadute” (Cfr. Trib. Cremona sent. n. 287/2019).

Inoltre, il mutuo o il contratto di finanziamento in genere, a causa del metodo di ammortamento applicato, c.d. “alla francese”, reca un tasso di interesse nominale non corrispondente a quello effettivo applicato.

Ciò significa, che il prezzo occulto così individuato influisce sulla determinazione del TAEG del contratto.

In conclusione la divergenza tra il “prezzo” del mutuo con applicazione degli interessi capitalizzati con l’interesse semplice, rispetto al “prezzo” ottenibile in capitalizzazione composta, induce a ritenere che sussiste altresì un c.d. “effetto sorpresa” nel cliente, vietato dalla normativa vigente.

E’ bene inoltre evidenziare che il “documento di sintesi”, costituisce un documento imposto dalla disciplina sulla “trasparenza bancaria” e contenente le principali condizioni economiche del finanziamento, ma è il PIANO DI AMMORTAMENTO che deve far conoscere la composizione delle singole rate, sia per la quota di “capitale, sia per la quota di “interessi” e tale effetto non può essere conseguito dal documento di sintesi.

La Giurisprudenza

La Giurisprudenza maggioritaria sostiene che costituisca un elemento essenziale del contratto di mutuo l’indicazione espressa della metodologia di calcolo del piano di ammortamento e del regime di capitalizzazione semplice o composto.

La mancata indicazione di tali caratteristiche integra dunque una violazione degli obblighi di informazione di cui all’art. 117 TUB (Sentenza Trib. Roma. del 29 maggio 2019, Cass. Civ. n. 17110/2019, Cass. Civ. n. 16907/2019). 

La Giurisprudenza di merito è altresì costante nel considerare il metodo di ammortamento alla francese un regime di capitalizzazione degli interessi composito e dunque maggiormente oneroso. 

Ex plurimus Trib. Roma n.6897/2020, CA Torino n. 544/2020, Trib. Torino del 30 maggio 2019 e del 15 settembre 2020.

l’anatocismo

Dottrina e Giurisprudenza prevalenti ritengono che il divieto di pattuizione implicito dell’art. 1283 c.c. sia esteso ad ogni tipologia di interessi pecuniari e che il requisito di interessi scaduti, esigibili e dovuti per almeno sei mesi costituisca la sola condizione, sine qua non, di producibilità degli interessi su interessi (Cfr. R. Razzante, La Cassazione ha tumulato l’anatocismo, filodiritto.it, 13 febbraio 2016; anche C. Colombo, L’anatocismo, Giuffré, 2007, pag. 79, dove sul punto si richiama altresì Cass. n. 3500/86, Cass. n. 3805/04; Cass. n. 17813/02; Cass. n. 11097/04 e in dottrina, A. Nigro, L’anatocismo nei rapporti bancari: una storia infinita?, in Diritto Bancario, 2001; D. Sinesio, Il recente dibattito sull’anatocismo nel conto corrente bancario: profili problematici, in Dir. E giur. 2000).

Nel momento stesso in cui il piano di ammortamento viene configurato, si determina “a priori” sia il “monte complessivo degli interessi” da applicare al prestito e sia la “rata costante” mediante la quale il prestito verrà rimborsato per capitale ed interessi.

È bene sottolineare che nella determinazione del c.d. “monte complessivo interessi” l’algoritmo del piano di ammortamento alla francese in capitalizzazione composta conteggia anche gli interessi che si generano tra una rata e l’altra che, di per sé stesse, sono già comprensive di interessi.

In altri termini, viene “capitalizzata” ogni singola rata in cui si articola il piano di ammortamento, che a sua volta viene capitalizzata e così via. 

A differenza del regime della capitalizzazione semplice, il quale prevede che l’interesse sia sempre direttamente proporzionale al capitale iniziale e all’ampiezza dell’intervallo di tempo, in conformità alle prescrizioni dell’art. 821, 3° comma c.c., il regime di capitalizzazione composta si caratterizza per il fatto che, al termine di ogni periodo di contabilizzazione degli interessi.

Il capitale impiegato incorpora gli interessi maturati, in modo tale che anche questi ultimi producano interessi nei periodi seguenti (GENERANDO ANATOCISMO). In questo secondo caso, l’interesse, che si forma, risulta proporzionale al montante accumulato.

Non si pone, pertanto, un problema di interessi “maturati” o “scaduti” a norma dell’art. 1283 c.c., perché ogni singola rata del piano di rimborso alla francese in capitalizzazione composta contiene interessi su interessi, cioè interessi anatocistici.

Il suddetto effetto anatocistico si verifica sia nel piano di ammortamento con capitale “decrescente”, sia in quello con capitale “crescente” (che poi è la tipologia più utilizzata).

Anzi, la matematica finanziaria conosce numerosissime formule di sviluppo del piano di ammortamento in regime di capitalizzazione composta, che è inutile enumerare, visto che l’effetto anatocistico sopra indicato è sempre lo stesso, anche se con diversa incidenza pratica, e sussiste sempre (perché non è vero che compare e riemerge).

Ciò posto, non può negarsi l’effetto anatocistico dei piani di ammortamento alla francese.

Secondo la Sentenza n.108/2016 Trib. Campobasso del 22 febbraio 2016:

“In taluni casi sottoposti all’autorità giudiziaria, è emerso come tali contratti nascondano una “doppia anima”: da un lato il contratto predispone l’applicazione di un tasso di interesse semplice, dall’altro nell’allegare il piano di ammortamento, si inseriscono clausole che comportano l’applicazione di un tasso d’interesse composto, e dunque generative di fenomeni anatocistici, che nel nostro ordinamento trovano il limite dell’art. 1283 c.c. Inoltre al di là del fenomeno anatocistico, si ritiene che tale tipologia di contratti si ponga in violazione dell’art. 1284 c.c.” nonché dell’art. 117 comma 4 TUB.

Di seguito specifica inoltre che “è necessario stabilire se, alla luce del contratto prodotto in giudizio, fosse consentito a parte attrice poter conoscere l’effettivo costo del mutuo fondiario e, in caso di risposta negativa, accertare se fosse legittimo che l’istituto bancario potesse percepire un costo del mutuo maggiore di quanto parte contraente avrebbe potuto desumere facendo riferimento ai dati presenti nel contratto stesso”.

Nello stesso senso la Sentenza n. 6897/2020 Trib. Roma del 5 maggio 2020, che pur non riconoscendo espressamente l’anatocismo nel piano di ammortamento alla francese, assimila gli interessi generati da un simile piano di capitalizzazione composta a degli interessi anatocistici, parlando a tal proposito di “anatocismo finanziario”.

Nei casi in cui vi sia indeterminatezza in punto di interessi, il contratto è da ritenersi parzialmente nullo.

La necessità della CTU

In casi in cui si verifichino circostanze analoghe a quelle sopra esposte, laddove si giunga all’introduzione di un giudizio ai fini di veder riconosciute le pretese di cui si è detto, di tutta evidenza è l’esigenza di demandare ad un consulente tecnico il compito di ricostruire il rapporto di conto corrente alla luce delle nullità e delle eccezioni richiamate.

Ciò a condizione che la parte concludente abbia già allegato una perizia tecnica, tesa ad identificare gli illegittimi addebiti, con indicazioni specifiche e circostanziate, sia nel quantum sia nella collocazione temporale.

Secondo il costante orientamento la consulenza tecnica d’ufficio è identificabile come esplorativa – quindi non ammissibile-  SOLO nei casi in cui sia finalizzata ad esonerare la parte dall’onere della prova o richiesta ai fini esplorativi alla ricerca di fatti, circostanze o elementi non provanti (Cass., sez. I, 5 luglio 2007, n. 15219, n. 598314) e non certo la consulenza intesa a ricostruire l’andamento di rapporti contabili non controversi nella loro esistenza.

La Suprema Corte (Cass. n. 5091 del 15.3.2016) ha sancito, a chiare lettere, come la CTU contabile (ed eventualmente l’ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c.) debba essere concessa – in controversie aventi ad oggetto l’accertamento della legittimità delle condizioni contrattuali disciplinanti rapporti di conto corrente e la relativa applicazione – purché:

1) non sia contestata dalla banca l’esistenza effettiva del rapporto obbligatorio;

2) il correntista abbia ottemperato al proprio onere probatorio producendo in giudizio tutta la documentazione in suo possesso, eventualmente richiesta, anteriormente alla contestazione giudiziale del rapporto di conto corrente, alla banca; non riveste importanza, pertanto, la natura parziale di tale documentazione, ma solamente la rilevanza della stessa ai fini delle domande svolte dal correntista;

3) la documentazione prodotta da parte correntista non sia da ritenersi irrilevante.

Come ripetutamente chiarito dalla Suprema Corte, la consulenza tecnica di ufficio può costituire fonte oggettiva di prova tutte le volte che opera come strumento di accertamento di situazioni di fatto rilevabili esclusivamente attraverso il ricorso a determinate cognizioni tecniche (cfr., ex multis, Cass. Civ. 8.1.2004, n. 88; Cass. Civ. 21.7.2003, n. 11332; Cass. Civ. 10.3.2000, n. 2802).